In occasione dell’anteprima di Libri Come - Festa del Libro e della Lettura con lo scrittore egiziano Ala al-Aswani che insieme a Marino Sinibaldi ha presentato il nuovo libro “Sono corso verso il Nilo”, è stato annunciato il tema della decima edizione della manifestazione prodotta da Fondazione Musica per Roma e curata da Marino Sinibaldi, Michele De Mieri e Rosa Polacco. Il tema sarà Libertà, un concetto impossibile da codificare in maniera univoca ma che stimolerà scrittori, lettori e addetti ai lavori a dare vita anche il prossimo anno a una grande Festa del Libro e della Lettura che per quattro giorni invaderà gli spazi e le sale dell'Auditorium Parco della Musica. Libri Come ritorna all’Auditorium Parco della Musica di Roma dal 14 al 17 marzo 2019 per la decima edizione, un compleanno importante da festeggiare, come ogni anno, con gli autori, i giornalisti, i poeti, le biblioteche, gli studenti e tutti i lettori in cerca di un libro.
LIBRI: IL MEDITERRANEISMO DI FRANCESCOMARIA TEDESCO
Cos'è il Mediterraneo? E perché porci proprio oggi questa domanda? Tra le tante risposte possibili vale la pena concentrarsi su una in particolare: il Mediterraneo è, oggi come sempre, il luogo degli incontri e degli scontri, dei viaggi di uomini e donne, di culture e civiltà che dialogano. Il Mediterraneo è il mare delle migrazioni tra Africa/Asia ed Europa. E le migrazioni sembrano essere diventate il principale spartiacque del confronto politico-culturale nel Vecchio Continente, al pari dell'economia. E da questo dibattito sembrano passare persino i destini dell’UE alla prossima tornata elettorale del 2019, almeno per come li avevano sognati Spinelli e gli statisti della sua generazione. Ecco che, quindi, la lettura filosofica, letteraria, politica, dunque economica della società e dell'Europa passa attraverso l'idea che si ha di mediterraneismo. E di conseguenza le politiche che adottano partiti e governi molto dipendono da questa idea. Francescomaria Tedesco, filosofo del diritto e della politica presso l’Università di Camerino, nel suo libro "Mediterraneismo. Il pensiero antimeridiano" (Maltemi, 2017, 195 pag., 12,75 euro), analizza i diversi approcci filosofici, letterari, musicali e politici sul Mediterraneo. Per Tedesco il mediterraneismo è intriso, per un verso, di pregiudizi su una presunta arretratezza orientale dei suoi popoli e, per l'altro, da uno sguardo lirico ed estetizzante, che vorrebbe il Mare nostrum come il luogo resistente contro la potenza oceanica del capitalismo. Per l'autore entrambe queste immagini sono false ed "entrambe hanno contribuito a costruire un Mediterraneo di fantasia, che ha ventriloquato eventi, popoli, stagioni". Per questo motivo, in un libro agile e dalla scrittura colta e documentata da amplia bibliografia e note, si analizzano i diversi e opposti punti di vista delle opere di riferimento nei campi della filosofia politica, della filosofia del diritto, dell'antropologia, degli studi postcoloniali e subalterni, della letteratura, del cinema e, infine, della musica. E si dimostra come in tutti questi campi il mediterraneismo viva una dialettica tra due visioni: quella "occidentale" (dal di fuori) che vuole l’area mediterranea povera e arretrata, anacronisticamente contrapposta a un Occidente e Nord moderni, progrediti, in pieno divenire storico; quella "orientalista" e "meridionalista" (dal di dentro) che dipinge il Mediterraneo alternativo e resistente, che semplicemente rovescia lo stereotipo occidentale rivendicando orgogliosamente la propria diversità e alterità (persino l'essere arcaici) e individuando in questa alterità antica un modello alternativo alle democrazia contemporanee corrotte, decadenti e non più civili. "A quale civiltà ci siamo arresi?" si domandava cantando Mia Martini su testo di Mimmo Cavallo ne "Il mio Oriente". E persino le Primavere Arabe, in questo tipo di lettura, finiscono per essere lette in una visione occidentalista, come segnala criticamente Tedesco, perché il terrorismo di matrice islamica viene ridotto a una lettura semplicistica come un male di alterità religiosa non integrabile ai valori occidentali o come risultato di un lungo colonialismo prima e imperialismo poi dell'Occidente. L'effetto di questa contrapposizione semplicistica, per Tedesco, è che le due costruzioni culturali, in realtà, si alimentano e riconoscono a vicenda, semplicemente contrapponendosi senza l'approfondimento che meriterebbe lo studio del Mediterraneo per la messa in opera di politiche nuove, capaci di risolvere le questioni aperte che quest'area del mondo presenta, migrazioni comprese. (Ema)
LIBRI: I VIAGGI DI ULISSE TRA MITO GRECO E LUOGHI REALI
Chi oggi volesse capire fino in fondo il Mediterraneo e ciò che succede intorno alle sue coste, da Est a Ovest e da Sud a Nord, non può trascurare la storia delle sue civiltà, l’odissea dei loro continui spostamenti, anche quelli attuali. E proprio dal termine odissea deve partire, poiché nel peregrinare avventuroso di Odisseo/Ulisse, il mitico eroe omerico, vi è già non solo l’etimologia del termine odissea, ma tutta l’indole umana, il destino di questa parte del mondo, il tratto principale dell’uomo viaggiante di ieri e di oggi: che esso viaggi per avventura o per bisogno.Per secoli gli studiosi si sono interrogati sul fatto che Ulisse (Odisseo, appunto) e il suo viaggio fossero solo un mito poetico per raccontare l’uomo o il peregrinare di un eroe in luoghi, circostanze e popoli diversi e reali.Sono tante le ricostruzioni e le teorie. Tra esse quella del professore tedesco Armin Wolf, che da più di cinquant’anni svolge una puntuale ricerca delle reali tracce di Ulisse nell’Italia Meridionale. Ultimamente lo ha fatto con un volume poderoso: “Ulisse in Italia. Sicilia e Calabria negli occhi di Omero” (Local Genius, 2017, 460 pagine, 10 euro, traduzione di Antonio De Caro). Un’opera colta e un saggio dal puntuale rigore scientifico, ma che si legge con avidità e si consulta piacevolmente, anche grazie alle numerose immagini a colori e a una mappa illustrativa del presunto viaggio del re di Itaca. Viaggio di dodici tappe che Wolf ricostruisce riassumendo le numerose e diverse teorie più accreditate della geografia omerica, con l’obiettivo di individuare i luoghi più che le avventure. Così facendo arriva ad affermare che la narrazione di luoghi nell’Odissea non è solo frutto delle magnifica fantasia di Omero, ma anche fedele testimonianza di suoi viaggi realmente svolti tra Calabria e Sicilia e divenuti ambientazione delle avventure del suo eroe letterario. Così la Calabria e la Sicilia, l’Istmo di Catanzaro e lo Stretto di Messina, le Isole Eolie e Malta, il Mediterraneo centrale e occidentale diventano gli spazi fisici nei quali il più affascinante eroe della mitologia classica avrebbe vissuto le sue avventure. E allora in quest’opera ci vengono restituiti luoghi sui quali possiamo facilmente tornare per far rivivere e visualizzare il film omerico: il luogo del noto naufragio del grande capitano per Wolf è individuato nel Golfo di Lamezia Terme dove, soccorso da Nausicaa, può raggiungere la vicina reggia dei Feaci, che rinasce nella piccola Tiriolo, cittadina che sorge su di un monte e dalla quale è possibile vedere sia il mare Jonio che il Tirreno e dove può raccontare le sue avventure al re Alcinoo. Lo stesso che gli fornirà l’imbarcazione che lo riporterà alla vicina Itaca. È così che Wolf spiega come Odisseo, che prima del naufragio era passato tra Scilla e Cariddi attraversando lo Stretto di Messina in direzione sud/est-nord/ovest, dopo il naufragio riprenderà il mare verso Itaca senza riattraversarlo in direzione contraria. E, con questa intuizione che individua nell’Istmo di Catanzaro il luogo strategico dell’Odissea, il professore tedesco risolve una questione aperta da secoli: Ulisse era arrivato sulla costa ionica da quella tirrenica percorrendo a piedi proprio l’Istmo di Catanzaro, largo solo una trentina di chilometri, potendo così salpare dalla foce del Corace, nel Golfo di Squillace, provenendo da Tiriolo, e raggiungere l’agognata Itaca, dove lo attendevano la fedele moglie Penelope, il giovane figlio Telemaco e il vecchio cane Argo. E così, leggendo Wolf e il viaggio di Ulisse dopo la guerra di Troia, si potranno capire meglio i viaggi dei migranti di oggi. (Ema)
SIAMO SOLO PIATTI SPAIATI, IL NUOVO ROMANO DI ALESSANDRO CURTI
“Siamo solo piatti spaiati” di Alessandro Curti, di C1V Edizioni, è la storia di Davide, un giovane che si trova a fare i conti con i propri errori, lontano da casa e dalla sicurezza della famiglia. Il romanzo racconta il mondo degli adolescenti attraverso il filtro del loro sguardo fresco e onesto sul mondo, e di come sia spesso difficile per loro fidarsi e confrontarsi con gli adulti. Dopo Padri imperfetti e Mai più sole, due romanzi di Alessandro Curti che parlano della complessità del ruolo di genitori in questi tempi difficili per le relazioni umane, e Sette note per dirlo, scritto a quattro mani con Cinzia Tocci, in cui troviamo per la prima volta Davide proprio nel momento che cambierà il corso della sua vita e darà il via al quarto libro, il cerchio si chiude con Siamo solo piatti spaiati, in cui a essere analizzato è il comportamento dei figli e il loro percorso di crescita verso l’età adulta. Con gli occhi esperti di un educatore di professione, Andrea, che ritroviamo in tutti i libri di Curti, lo scrittore osserva le fragili dinamiche di relazione che il protagonista intrattiene con i suoi cari, con il mondo circostante e con se stesso.
FRATELLI MIGRANTI: CHAMOISEAU CONTRO LE BARBARIE
È arrivato in tutte le librerie “Fratelli migranti. Contro la barbarie” di Patrick Chamoiseau, tradotto da Maurizia Balmelli e Silvia Mercurio, impreziosito dall'acquerello in copertina di Nicola Magrin. Chamoiseau, Fratelli migranti cover. Un saggio dai toni lirici, un appello a rimanere sensibili a ciò che l’idea di umano ha di più umile e luminoso, contro la barbarie di oggi, schiuma mortale della globalizzazione economica che standardizza i desideri, disfacendo maglia dopo maglia libertà, uguaglianza, fraternità, dignità, e con loro la felicità. Chamoiseau invoca qui la creazione di una politica mondiale dell'ospitalità che dichiari una volta per tutte, in nome di tutti, per tutti, che per nessuna ragione al mondo può esservi straniero in un angolo di questa terra. “Fratelli migranti” è scritto per essere recitato, letto, cantato, ascoltato, declamato, offerto alle danze, il suo linguaggio è fatto di boati, di suoni e di musica.
(© 9Colonne - citare la fonte)